
Quello ricavato da 14 pannelli fotovoltaici realizzati dagli studenti dell' Itis Meucci di Firenze, che a fine marzo sono volati in Brasile per consegnare il progetto ai ragazzi di una scuola diretta da don Angelo Stefanini, missionario dell' Opera Madonnina del Grappa. «Da tre anni la nostra scuola si impegna in iniziative di solidarietà con un piano di cooperazione che ci permette di mettere la nostra formazione tecnica al servizio di realtà difficili attraverso stage alternativi a quelli che si fanno in azienda. È nato così il nostro sodalizio con la scuola di Fortaleza e credo che proseguirà anche nei prossimi anni», dice Francesco Lupi, uno dei cinque studenti sbalzati dalla culla del Rinacscimento al Sudamerica grazie al progetto dell' istituto tecnico di Soffiano.
«Volevamo che il nostro contributo si traducesse in qualcosa di concreto. Così abbiamo pensato ai pannelli solari. Certo - aggiunge Francesco - sono poco più di 3 kilowatt, bastano a dare autonomia solo a un' ala del centro, ma abbiamo lasciato ai docenti brasiliani il progetto per istallarne altri». E sono stati proprio i ragazzi della scuola brasiliana a dover completare il lavoro, perché per il gruppo del Meucci l'approdo al di là dell'Atlantico è stato segnato da un contrattempo: «Noi siamo atterrati a Fortaleza, ma il trasferimento del materiale è dovuto passare via San Paolo. Lì è rimasto bloccato alla dogana fino al 27, poco prima del nostro ritorno: una beffa», scuote la testa Francesco.
«Insomma, la burocrazia si inceppa come in Italia», dice con un' alzata di spalle. Costruito negli anni '90 sotto la direzione di don Alfredo Nesi, il centro Madonnina del Grappa di Caucaia è diventato un polo socio-educativo e sanitario dove confluiscono più di 500 figli della baraccopoli. Sopravvive grazie alle donazioni e alle campagne di solidarietà promosse da enti pubblici fiorentini. I gradi di insegnamento vanno dalle elementari alle medie, con alcune classi di superiori a indirizzo professionale.
Seppure viste su «Youtube e nelle inchieste delle Iene», ai diciottenni del Meucci le favelas, quelle vere, hanno fatto effetto: capanne di terra, mattoni e immondizia, rigagnoli di acqua nera che scorre via dalle case, fogne a cielo aperto, «gente che riesce a dormire anche se fuori si

Per questo, accanto all' effigie fiorentina sono comparse le bandiere verde-oro. Un gesto distensivo, che dovrebbe tenere lontani i malintenzionati. Come il filo spinato e la rete elettrificata che corre intorno agli edifici e informicola l'aria. Così, i pannelli del Meucci sono al sicuro. Don Angelo, di sera, fa sorvegliare la struttura da due uomini in divisa e da quattro rottweiler, quando i tetti, ormai, hanno smesso di specchiare la danza dei falchi.
"La sera i boati, dal cielo o forse dalle pistole"

«Di quelle, nelle favelas, hanno un concetto strano», racconta Tommaso, 18 anni, elettronico. «È una rete di tubi che attraversa le case poco sotto il terreno e sgorga per strada». E spesso ci sono pozzanghere, e non sono dovute solo alle piogge. Così è quasi ovunque. «Noi l’abbiamo visto da Esmeralda. Dice che da lei, siccome il bagno è più in basso della strada, se piove, lo scarico non funzione e rifluisce tutto in casa».

Pubblicato da Mario Neri su Repubblica Firenze (14/4/2009)
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