VIAREGGIO - Se non possono vedere e camminare, che almeno sentano quello che succede. In questa mattinata di luglio che sembra settembre, la televisione e la radio, per i pochi che la darsena non hanno potuto raggiungerla, sono una dolorosa consolazione. Anche loro, così, partecipano al lutto mentre la città si trasforma in una bolla sospesa; che lentamente si svuota.
Un pellegrinaggio mesto, a piedi e in bicicletta, si dirige allo Stadio dei Pini. E se lo guardi dal di dentro, il viaggio nella Viareggio che celebra le vittime del naufragio di fuoco, è un tragitto solitario su strade deserte.
Negozi, uffici, bar e ristoranti sono chiusi. Le saracinesche abbassate, mute le insegne. Appesi alle vetrine i cartelli invitano i cittadini all’«ultimo addio» e ricordano l’ora della cerimonia. Alle 11,10, davanti al municipio una coppia di funzionari aspetta i giornalisti che ancora non hanno ritirato i pass: «Dieci minuti e poi andiamo anche noi. Ormai qui non c’è più nessuno, la gente è tutta là». Su una panchina di via Battisti due ragazze fiorentine intrecciano una collana: «No, non andiamo al mare. Oggi è giusto così. È il momento di rendere omaggio al dolore, domani si ricomincia».
Più avanti, verso il mercato, una sirena segna una tregua alla pace irreale di via Cavallotti. Nello scroscio di passi di tutti i giorni, nessuno deve essersi accorto che alla gelateria Il Pinguino i frigobar ronzano senza sosta e che a increspare i tricolori listati a lutto in via Zanardelli sono le ventole dei condizionatori alle finestre e non le gazzarre del libeccio. «Noi non ce la sentivamo di assistere ai funerali, ci sono andate le nostre mamme», confessano tre ragazzini sotto le logge vuote di piazza Cavour. Fra poco saranno i soli ad aggirarsi qui intorno, perché Alfredo il giornalaio ha quasi chiuso l’edicola. Rapido, riconta le rese: «Se mi sbrigo faccio in tempo ad arrivare allo stadio anch’io». Sono tutti sotto i pini del Torquato Bresciani, i viareggini. Anche le spiagge offrono alle vittime il loro omaggio. Una desolazione mai vista sulle coste assolate della Versilia. In segno di rispetto, i bagni hanno gli ombrelloni chiusi.
«I villeggianti ci hanno detto che non verranno fino al pomeriggio per rispetto dei morti», racconta Simona Giannessi al Nettuno. «Qui non troverai un viareggino», aggiunge Simone Cortopassi, bagnino al Balena. Ha appena finito di spiegare a sei tedeschi che potrà affittare una tenda solo a partire dalle tre. Gli ha indicato le bandiere a mezz’asta. Perfino nel tunnel proibito di via Ponchielli, con la scorta dei pompieri, oggi si può camminare. Ci sono macchie, cose fuse alle cose, e sulle macerie corone di fiori.
In passeggiata, nei coni d’ombra delle tende non scintillano cocktail o gelati. Sotto i balconi liberty i vacanzieri (pochi) si muovono smarriti. Osservano il burlamacco che sempre sorride. Anche lui listato di nero. E c’è chi giura che, nella notte, fra gli hangar della Cittadella il tempo effimero della cartapesta si sia fermato e sulla maschera simbolo del carnevale si sia disegnata una smorfia.
Pubblicato da Mario Neri su Repubblica Firenze (8/7/2009)
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