VIAREGGIO - Infilzata dalla voragine di fuoco, tramortita dall'aurora arancione nella notte più lunga della sua storia e poi risvegliata nel biancore dei fumi al gpl, la capitale del turismo toscano è una coscienza spaccata a metà. Un'anima sbalzata nello shock di una giornata irreale, anestetizzata dai tg e da grappoli di nuvole che il vento non è riuscito a diradare.
Fuori dall'epicentro della tragedia e della crisi, che nel pomeriggio, con l' arrivo del premier, si sposta sotto le mura del municipio piuttosto che rimanere fra le macerie e i binari carbonizzati, insieme al lutto e alla compassione per chi ha perso tutto e la vita, si unisce uno stordimento collettivo. Quasi un pauroso e protettivo distacco.
Come quello di Piero, che dietro al bancone di una pizzeria da asporto in piazza Cavour non si stupisce delle dimensioni del dramma né dell' attenzione che i media concentrano sulla sua Viareggio: «Ho visto il telegiornale stamani, alla stazione non ci sono passato. Oggi Viareggio è una città in tilt, non si riesce a circolare...». Eppure di fronte ci sono Alessandra e Cristina, determinate a non passare un secondo di più a maneggiare soldi (pochi) che nel deserto della piazza non ha più senso incassare «di fronte a una catastrofe del genere». In silenzio ripongono nei box sotto i platani le bancarelle con le scarpe e la biancheria: «Non saremmo neanche dovute venire. Dovevamo andare fra la gente senza casa, a dare una mano o anche solo conforto. Non ce la sentiamo più di restare qui», dicono le due commercianti.
Come loro, sono molti i viareggini scossi da un terrore provocato da un incidente «senza riscontri nella storia del Paese», ha detto ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Guido Bertolaso. Un' ondata emotiva che deve essere subito superata: «Non sarà facile affrontare l' estate con i fotogrammi di queste ore impressi nella memoria, ma Viareggio è la città della solidarietà, saprà reagire e tornare alla normalità anche da sola», dice Graziano Giannessi, gestore del Bagno Nettuno e vicepresidente nazionale dei balneari, che aggiunge: «Fummo i primi ad arrivare con i nostri pattini durante l' alluvione del Polesine. Navigando sul fango, distribuimmo latte e acqua. La rete di solidarietà viareggina reagì immediatamente. L' abbiamo fatto per gli altri, figuratevi cosa saremo capaci di fare per noi».
Ieri dai pennoni degli stabilimenti le bandiere sventolavano a mezz' asta: «Era il minimo che potessimo fare», dice Francesca al Bagno Dori, ieri disertato dai vacanzieri. Sul molo Alfonso espone mesto l' unica cassetta di pesce della giornata. A mezzogiorno le reti del suo peschereccio erano ancora sgonfie come calzini: «Ho riportato poco, qualche triglia, cicale e spannocchi, ma è ancora tutta qui», dice mostrando il bottino del giorno aggiungendo che «anche il mare ha sentito il botto, e ha avuto paura, sente il dolore». Ma è un cordoglio composto il suo, un' emotività trattenuta. La rabbia per quel treno carico di veleni e fuoco che forse hanno compromesso l' allegria dell' estate e la serenità dei vacanzieri, molti viareggini la sfogano dopo. Urlando al passaggio del premier.
Pubblicato da Mario Neri su Repubblica Firenze (1/7/2009)
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