giovedì 3 settembre 2009

Storia di un cuoco e della crisi

FIRENZE - Finora la corrente era bastata a far andare il frigorifero. Dentro c'erano uno yomo, mezzo melone, un cartone di latte, tre uova e un pezzo di pecorino. L' ultima cena sotto un tetto con la famiglia, per Luca S., è un pasto da consumare al buio in un appartamentino di San Frediano. Cuoco di 46 anni, da novembre senza lavoro e da due mesi padre del primo figlio avuto con G., già ragazza madre di una bimba di 13 anni. All' inizio di luglio gli avevano abbassato il voltaggio fino al 15 per cento. Ieri, alle cinque del pomeriggio, la luce sul soffitto è diventata una palla fumosa, poi tac. E fra poche ore salteranno anche gas e acqua, e la lettera dello sfratto è in un cassetto dell'ingresso da due settimane. Luca è uno sprofondato, pelle e ossa che da 9 mesi una bestia nera rosicchia lentamente: «Non s'è mai fermata. La prima cosa che ti risucchia la crisi però non è la luce, è la dignità». Fino a giugno ha tirato avanti con lo stipendio della compagna, 33enne assunta a 800 euro in un McDonald's fiorentino. Ora lei è in maternità, stipendio decurtato del 20 per cento e fra due settimane del 70, cioè 240 euro per mandare avanti quattro persone: «Di qui a qualche giorno la vita mi sputa su una strada, me e la mia famiglia», racconta Luca. «Sono venuto da voi perché non sapevo più a chi rivolgermi». All'inizio di luglio aveva bussato alla porta di Matteo Renzi, in uno dei mercoledì che il sindaco dedica al dialogo con i cittadini. Racconta la sua storia alla segretaria in un corridoio «dove ci sentivano tutti, lei mi dice che dopo 48 ore m' avrebbe richiamato. Niente». Luca ci riprova dopo dieci giorni e invece che nella sala Clemente VII lo mandano in viale De Amicis, all' assessorato al sociale. L'impiegato che si occupa dei casi come il suo è in ferie: deve aspettare il 26 di agosto. «Ci sono andato un sacco di volte. Mi avevano promesso un lavoro da imbianchino. Io gliel'avevo detto che l'imbianchino non l'avevo mai fatto, ma dicevano che m'avrebbero preso lo stesso. Alla fine una mattina alle 6 mi presento in Porta Romana, arriva quello della cooperativa e mi dice che lui aveva bisogno di un esperto perché c'era un lavoro da consegnare al volo. Così gli ho ridato gli scarponi e una settimana fa sono tornato in viale De Amicis». All'appuntamento con l'assistente sociale un'altra bordata: «Mi ha detto che per me non poteva fare niente. Non sono uno straniero né un galeotto né un drogato. S'è anche arrabbiato: "Che devo fare, darglieli io di tasca i soldi?", mi ha chiesto facendo il gesto di sfilarsi il portafogli dalla tasca». Alla Caritas a elemosinare un piatto di spaghetti Luca finora non c'è voluto andare: «Per 20 anni ho fatto il cuoco, ma non mi prende nessuno. Troppa esperienza, costo troppo. Ecco cos'è la crisi: una cosa che prima ti umilia e poi ti toglie anche la vergogna».


Pubblicato da Mario Neri su Repubblica Firenze (01/09/2009)

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