Le invettive contro i gay, l'ossessione per «l'invasione islamica» e gli inviti a «intraprendere una nuova crociata contro gli sbarchi di immigrati che minacciano le radici giudaico-cristiane dell'Europa» che don Giulio Maria Tam distilla alla sua sparuta platea piacciono soprattutto alle falangi locali di Roberto Fiore, una quindicina di ventenni educati a un repertorio di braccia tese, «boia chi molla» e sentimenti antisemiti. Padre lefebvriano scomunicato a divinis, già candidato da FN a sindaco di Bologna e immortalato a Bergamo mentre benediceva con un saluto romano una testuggine armata di caschi neri e mazze tricolori, don Tam sfodera un armamentario a cui il gruppo di ex Rsi ed ex combattenti non era abituato.
Va bene che per i reduci di Salò e loro simpatizzanti il campo di Coltano era un «lager» anche se gli storici lo definiscono solo uno dei tanti centri di prigionia angloamericani da cui, fra l' altro, i reclusi furono quasi tutti liberati. Vanno bene la messa in latino, in stile preconciliare, e pure le stilettate allo «stato liberale e comunista», l'esaltazione di Mussolini («l' uomo della provvidenza»), ma le «cinquanta ave marie da recitare ogni giorno come i cinquanta colpi di mitragliatrice che servono per fare una di quelle Crociate di cui ora la Chiesa si vergogna» sono quasi troppo anche peri «camerati».
«Ma dove l' hai trovato questo parroco?», chiede un uomo in camicia nera a Ciabattini. «Non lo so», risponde l'ex Ss che a Coltano passò più di tre mesi e della sua esperienza ne ha fatto un best seller per nostalgici del Ventennio. Sedato dalla presenza di 100 agenti di polizia e carabinieri, l'allarme lanciato dalla rete antifascista toscana per la presenza del sacerdote valtellinese è un flop di cuori neri. Una cinquantina i reduci davanti al cippo commemorativo e una cinquantina i contestatori a 500 metri di distanza in presidio contro don Tam il "mattatore".
Lui che ha rivisitato l'abito talare («La tonaca è soltanto una camicia nera più lunga», sentenziò in un'ospitata forzanovista) è arrivato a Pisa grazie ai legami col partito di Fiore. A chi lo chiama il Williamson italiano, facendo riferimento al vescovo negazionista, risponde: «L'Olocausto? Non posso esprimermi, è vietato. E poi dicono che c'è la libertà della scienza storica...». Una risposta ce l'ha la rete antifascista pisana: «Tam e iniziative come quelle dei nostalgici di Salò a Coltano sono una minaccia per la democrazia».
Pubblicato da Mario Neri su Repubblica Firenze (07/09/2009)
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