«DA sola, ogni tanto, torno in via Ponchielli. Anche se è nera e bruciata, io la ricompongo pezzo per pezzo. Mi fermo davanti al civico 21 e cancello gli scheletri delle case, rimonto le macerie, metto insieme i flash. Rivedo la mamma e il babbo in cucina, i miei fratelli che giocano, come se nulla fosse successo, come se non fossero morti, e riesco a credere che un domani è possibile». Occhi di pece, capelli raccolti nel vento sul molo di Viareggio, Ibi è tornata qualche giorno fa da Casablanca, dove era volata a fine agosto.
Ibtissan Ayad, 21 anni, è la ragazza magrebina diventata simbolo della strage di Viareggio. Il 29 giugno ha perso suo padre Mohamed, 51 anni, sua madre Aziza, 46, suo fratello Hamza, 17 anni, e la sorellina Iman, di 3 anni: «Lei è il mio tesoro. Quando torno davanti al 21 la rivedo dondolare sull'altalena nel giardino, è come un miraggio: dura poco ma mi basta, mi deve bastare. Rimuovere non serve, io ricucio i ricordi. Piango sempre per quella notte in cui mio padre mezzo carbonizzato mi lanciò un bacio con la mano e mia madre non fece in tempo a fuggire perché aveva dimenticato i documenti, ripenso a Hamza, a lui che usciva fino a tardi, che era tornato prima di mezzanotte, e a Iman che cantava le canzoni del carnevale. Il destino è stato un domino, le tessere della mia vita le ha tirate giù tutte. Io sono rimasta in piedi e devo continuare a starci».
Ibi sa già come: «A metà ottobre mi sposo con Hicham. Un rito civile in Comune, perché mi sento italiana anche se la cittadinanza non ce l'ho. Se avremo una bambina la chiameremo Iman. Farò la pasticcera, una vocazione che ho ereditato da mia mamma. Preparava da mangiare per i ragazzi che arrivavano dal Marocco. Insieme a mio padre, faceva da punto di riferimento per chi approdava a Viareggio spaesato e confuso. La casa in via Ponchielli era una specie di casa famiglia. Lì non tornerò mai ad abitare, esala troppo dolore, ma con i soldi del risarcimento farò anch'io una casa famiglia, e mi sentirò di nuovo a casa».
Adesso vive con Hicham, un ragazzo di 24 anni che ha conosciuto quattro anni fa. Lei era arrivata a Viareggio nel 2004, in autobus. Dopo tre giorni di viaggio, l'autista si era fermato alla stazione: «Il babbo era qui dal '92, lavorava al porto nei cantieri navali. Ci accompagnò subito in passeggiata e io mi innamorai». Ora davanti al "bhar", al mare, Ibi va di sera, «piango e parlo da sola, ma sempre più spesso alzo lo sguardo. E la paura si dissolve»
Pubblicato da Mario Neri su Repubblica Firenze (24/09/2009)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento